Le mura
 
La cinta muraria di Roselle si è conservata quasi integralmente nel suo perimetro di 3.270 metri, che recinge un'area di circa 35 ettari, cioè quella della parte sommitale delle due colline sulle quali sono gli edifici pubblici e privati della città e spazi utlizzati per il pascolo e le coltivazioni, e della valletta fra di esse, nella quale è realizzato il foro. La tecnica costruttiva utilizzata è quella dell' "opera poligonale", ovvero è realizzato un paramento di grossi blocchi di pietra più o meno levigati all'esterno, tratti da cave nell'area della collina nord, con all'interno blocchi più piccoli appena sbozzati su cui poggia il riempimento di terra. In alcuni punti del tratto settentrionale, il meglio conservato, la cinta giunge fino all'altezza di cinque metri, e l'accesso alla città avviene da almeno sette porte del tipo delle porte scee. Numerosi condotti squadrati sono costruiti al momento della messa in opera del muro, per canalizzare le acque di scolo fuori della cerchia che recinge la città. Quanto vediamo oggi della imponente fortificazione è in effetti il risultato di molteplici fasi di costruzione e ristrutturazione, cosicchè mentre vi è l'utilizzazione di blocchi di dimensioni ciclopiche nel tratto nord risalente al VI secolo a.C., in quello ovest-sud-ovest le pietre di forma quasi parallelepipeda e disposte in filari orizzontali hanno dimensioni assai minori. Ciò deriva dall'importante lavoro di ristrutturazione delle mura eseguito in età ellenistica, quando si
rende necessario arginare la spinta della terra del riempimento della valletta fra le colline per la realizzazione del foro più antico della città. Ma in realtà le prime mura erette a protezione dell'abitato arcaico nel sito della città non sono in pietra, bensì in mattoni crudi: «Le mura furono per la prima volta indagate regolarmente negli anni '50 da studiosi dell'Istituto Archeologico Germanico di Roma che evidenziarono come la cinta poligonale risalisse circa alla metà del VI secolo a.C., ma come potesse
essere stata preceduta da un apparato realizzato in mattoni crudi. Da allora tutta una serie di campagne di scavo attorno alle mura ha potuto portare all'accertamento ed a precisazioni riguardo alla cinta più antica. In effetti il materiale da cui sono ricavati i blocchi poligonali proviene da cave, tuttora evidenti sul posto. In particolare sull'area nord della collina dell'anfiteatro si nota uno strato di piccole schegge di pietre frantumate, fortemente pressate, che sembra essere costituito dalle scaglie di lavorazione dei blocchi poligonali. Questo strato, evidente in tutta l'area nord, passa sotto al muro poligonale sigillando così gli strati inferiori. Proprio tagliando lo strato di pietre si è potuta notare l'esistenza di un muro di argilla che si snoda con andamento irregolare lungo il limite della collina, ora coincidendo con il più recente muro poligonale a grossi blocchi, ora sporgendo e ora arretrando rispetto a quello, dato il suo percorso curvilineo. Si è potuto seguire il muro in mattoni per un tratto ininterrotto. Dai frammenti recuperati nello strato di fondazione si è datata la cinta più antica in mattoni crudi verso la metà del VII secolo a.C., in concomitanza cioè con i resti dell'abitato più antico" (P.BOCCI ’81, p.118).