I ritrovamenti recenti
 
«Una vasta area di necropoli è stata individuata anche a nord-est della città antica di Roselle, in località Case di Mota, dove - alla metà degli anni Ottanta, prendendo avvio da un tentativo di scavo abusivo -, furono indagate e portate alla luce due tombe a camera, ubicare su una collinetta denominata Poggetto della Quercia Secca. La prima tomba, a camera rettangolare, presenta

Necropoli di Case di Mota, tomba 1 (disegno Coop Archeologia), da A.M.ESPOSITO '98, p.54).

muri perimetrali in grosse bozze di alberese squadrate, appoggiati alla roccia tagliata; al centro della parere di fondo, un tramezzo in blocchetti di alberese divide il settore orientale della tomba in due vani; la copertura - forse a falsa cupola - era costituita da grandi lastre di alberese aggettanti. L'accesso alla camera avviene attraverso un lungo dromos (7,65 m), orientato a ovest, le cui pareti sono costrutte in grosse bozze d'alberese nel settore più interno e semplicemente scavate nella roccia nella parte più esterna, che doveva essere anche priva di copertura e con piano pavimentale in accentuato pendio. Sui lati del dromos, quasi all'ingresso della camera, si aprono due piccole cellette - quasi delle nicchie -, mentre un'altra è situata all'interno della camera, sulla parete ovest. La tomba risultava depredata in antico, probabilmente già in età ellenistica, e riusata nel corso del Medioevo come rifugio per animali. Nonostante i diversi interventi distruttivi subiti nel tempo dal monumento, i pochi dati forniti dagli strati più profondi e inviolati permettono di fissare l'uso della tomba dall'arcaismo alla metà del V secolo a.C.. All'estremità ovest del dromos, probabilmente gettati qui al momento della prima violazione o del riuso, pochi resti di corredo riferibili alle sepolture

più antiche: frammenti di ceramica corinzia, un piccolo alabastron etrusco-corinzio, un alabastron fusiforme in bucchero, frammenti di due calici di bucchero. Nella celletta sud del dromos elementi di un altro e più ricco corredo: sei vaghi di collana globulari in oro, un piccolo scarabeo, due anelimi d'oro, una fibula a losanga in argento. Infine, nella celletta aperta sulla parete ovest della camera, sigillate da due blocchi di alberese, due borchie circolari in sottilissima foglia d'oro, decorate a sbalzo; di queste, la più leggibile, con testa giovanile di profilo verso sinistra, è identica a un esemplare da Vetulonia e appartiene alla stessa serie delle borchie da Vulci, conservate ai Musei Vaticani. Un secondo saggio, aperto ai piedi della collina, sul lato ovest,

ha portato alla luce un'altra tomba a camera, più piccola e più recente rispetto alla precedente, ma allo stesso modo compromessa da interventi moderni; la camera, di forma rettangolare, ha i muri perimetrali appoggiati alla roccia tagliata e costruiti in blocchi di alberese regolarmente squadrati, inzeppati con piccole pietre e a tratti legati con malta. La copertura era costituita da grandi lastre di alberese, due delle quali ancora in posto, nell'angolo nord-est, altre ritrovate in crollo; sui lati nord e sud, sono stati individuati i resti delle panchine di deposizione in piccole lastre di pietra; l'ingresso, a ovest, era chiuso da una sottile lastra trapezoidale che poggiava su una soglia; il piccolo dromos, scavato nella roccia, è conservato per una lunghezza di 2,20 m. Completamente sconvolta la situazione all'interno della camera: ossa e ceramica, quanto resta delle deposizioni con relativi corredi, sono buttati contro la parete d'ingresso e la lastra di chiusura ; sembra si possano individuare i resti di almeno tre scheletri; la ceramica, acroma a vernice nera tarda, piuttosto omogenea, colloca l'uso della tomba nella tarda età repubblicana. All'estremità del dromos, è emersa un'ultima deposizione in tomba a fossa scavata nella roccia: lo scheletro, con testa ad ovest, poggiava i piedi sull'ultima lastra della canaletta, definendosi così come l'elemento più recente di tutto il contesto» (A.M.ESPOSITO '98, pp.53-56).

 

Necropoli di Case di Mota, tomba 2 (disegno Coop Archeologia), da A.M.ESPOSITO '98, p.55).