Il fiume e le bonifiche
 
Assieme alla "Bruna Morta", attestata da un documento del 1226, vi è una "Bruna viva", ovvero un nuovo alveo del fiume, che compare in una carta del 1253. Questo fenomeno naturale, non accompagnato da interventi di risanamento delle aree che rende acquitrinose, determina il progressivo degrado della pianura sottostante Montepescali. Alla fine del Cinquecento, con l'obiettivo di incrementare la produzione cerealicola, il granduca di Toscana promuove il recupero ( l' "acquisto") delle terre prossime alla sponda del Lago di Castiglioni, ormai sempre più vero e proprio padule: nasce così il toponimo 'Acquisti' per la vasta area sulla riva sinistra del tratto finale del fiume. Ma la mancanza di una organica programmazione della bonifica idraulica, e di una effettiva azione di controllo della necessaria azione di manutenzione delle opre eseguite, fa sì che ben presto i risultati conseguiti vengono vanificati. Nel 1622 un nuovo mutamento del corso del Bruna, evitabile con appropriati interventi di manutenzione dell'alveo, compromette la coltivazione delle terre precedentemente "acquistate" ed ora nuovamente impadulite, e con l'apporto di sedimenti melmosi il fiume provoca l'innalzamento del fondo e l'ampliamento della superficie del lago.

I detriti portati dal fiume hanno, invece, un valore positivo allorché viene intrapresa la bonifica per colmata del padule voluta da Leopoldo II di Lorena. «Per un ventennio (1828-1848) intensi sono i lavori effettuati a ritmi davvero febbrili dalla Commissione di Bonificamento. Sotto la direzione dell'ing. Alesandro Manetti, formatesi a contatto con le moderne esperienze idrauliche francesi ed olandesi, furono costruiti a tempo di primato due diversivi convoglianti le acque del fiume in padule,39 furono approntati ben cinque recinti o bacini di colmata ed iniziata la colmatura del basso piano degli Acquisti e Raspollino (con le acque purtroppo poco torbide della Bruna)» (D.BARSANTI '80, p.51). Con il Regno d'Italia si ebbe un decennio d'incuria che determinò il degrado delle opere compiute, cosicché con la ripresa dei lavori, nel 1871, fu necessario inalveare di nuovo il Bruna. Fino all'inizio del Novecento i lavori procedettero stentatamente, e particolarmente nociva fu la disattenzione per le opere realizzate dai Lorena, col conseguenze rimpadulimento di molte delle terre acquisite con la colmata. Nei primi anni del nuovo secolo vi fu la ripresa degli interventi, ed allo scoppio della prima guerra mondiale si avviò la colmata con le tor-

Archivio di Stato di Firenze, Manoscritti 785 . "Atlas Agri Maritimae" . Doc.18. 1761 Dicembre 20. Galgano Maria Palazzuoli, "Descrizione del Principio del Fiume Bruna ...". Il Palazzuoli in questa relazione, cui è allegata la pianta riportata nella pagina precedente, descrive tutto il corso del Bruna e, per quanto riguarda il territorio prossimo alla sua sfociatura nel Lago di Castiglioni a Barbaruta, rileva come frequentemente vi siano alluvioni provocate dalle rotture degli argini che non vengono riparate.

bide dell'Ombrone con la ricostruzione del Primo Diversivo. Qualche anno dopo fu completata l'escavazione del nuovo letto della Bruna, dal padule al porto-canale di Castiglione.


Archivio di Stato di Siena. Ospedale S.Maria della Scala 1410. " Grancia di Montepescali" c.259. 1630 Maggio.

 

Il fiume Bruna nella pianura di Montepescali. La condizione di degrado dell'area prossima alla vecchia sfociatura del fiume, provocata dal mutamento di corso avvenuto nel 1622, è evidenziata dal disegno stilizzato di vegetazione palustre.

Arch. di Stato di Firenze, Finanze, 749, c.2, ms. colorata"Pianta d'una porzione del corso del fiume Bruna" 1776. «La pianta, allegata alla relazione Ciani, Ferroni,Salvetti ed altri , disegna l'ultimo tratto della Bruna nella zona degli Acquisti prima di immettersi nel lago di Castiglione con le sue deviazioni di corso, le "rotte e gli spagli". Secondo i due autori della carta, Ferroni e Salvetti, la campagna adiacente alla Bruna, se non si fosse trovata in Maremma esposta alle devastazioni del bestiame brado, sarebbe stata la più adatta a sperimentare la colmata. Non a caso, infatti, proprio qui nei secoli passati erano state strappate al padule e recuperate alla coltura vaste aree ("Acquisti") da parte dei proprietari locali». (D.BARSANTI '84, App. Fot. n. 54).

 

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