Il Castello di Istia
 

Le mura medievali di Istia d'Ombrone cingono un abitato realizzato su un'altura, che per quanto sia di appena 39 metri sul livello del mare, è determinante per la formazione di un insediamento, che nell'862 è solo un gruppo di capanne, la cui fortificazione è all'origine di un castello di fondamentale importanza nella fase iniziale processo di formazione del patrimonio maremmano della famiglia comitale aldobrandesca, caratterizzata fra i secoli IX ed XI dal perseguimento dell'obiettivo di assicurarsi il controllo del corso del fiume Ombrone. «Castello sviluppatosi in due tempi, come dimostra la serrata continuità delle case a semiellisse dalla parte di ponente del nucleo più interno, che racchiude sulla vetta i ruderi di una massiccia costruzione. Esternamente al più interno nucleo originario si è sviluppata la seconda cinta, conservatasi soltanto a tratti; resta una bella porta ad E, in stato di avanzato e progressivo disfacimento, in mattoni ad arco tondo all’esterno e ribassato, sormontato da un arcone, all'interno; un'altra porta ad arco tondo in pietra ci trova a SO, sormontata da un’alta torre e coronata da archetti in mattoni su mensole di due pietre stondate successivamente aggettanti, che portano la merlatura ed una torretta campanaria, sul lato sinistro, apparentemente coeva.... ». (P.CAMMAROSANO - V.PASSERI ’85, R.24.8).

Le prime notizie certe sull'esistenza di un castello di Istia, cui fa capo un territorium, risalgono al 1179, contenute in un atto di permuta stipulato tra il vescovo di Grosseto ed il conte Ildebrandino VII. Infatti l'oggetto della permuta, il "monte Corneliano", è "inter territorium castri quod dicitur Iscla et castri territorium quod dicitur Rosellum ". Il privilegio di Clemente III del 1188 attesta l'appartenenza del castello e del suo territorio al vescovo di Grosseto: dall'importantissimo documento emerge che il castello ha fondamentale risorsa economica nell'esercizio della pesca nelle acque del Lago Bernardo e dell'Ombrone, e come la potestà di istallare molini sul corso del fiume sia esclusiva del vescovo. Particolarmente nei primi decenni del XIII secolo è testimoniato in Istia l'esercizio di un forte controllo signorile del vescovo, che ha un proprio palazzo nel castello, ma anche la presenza di un comune rurale.
Questo è ufficialmente riconosciuto nel 1226 dal vescovo Pepo, che concede una carta libertatis ai consoli e rettori del castello che stipulavano a nome del comune. Successivamente, nella seconda metà del Duecento, a capo del comune di Istia è testimoniato un Podestà, incarico spesso ricoperto da cittadini senesi. In realtà, rapporti istituzionali tra Istia ed il comune di Siena esistono sin dal 1228, quando il vescovo di Grosseto chiede la protezione senese sui beni e sui diritti dell'episcopato, con particolare riferimento a Istia e Roselle, fatte salve tutte le rationes dei conti Aldobrandeschi sui due centri. Successivamente, nel 1287, sono stipulati i capitoli di sottomissione a Siena, e nel 1329, vi è la revisione del censo dovuto dalla comunità di Istia, che venne aumentato della somma, assai considerevole, di cinquanta fiorini d'oro all'anno. Ad ogni modo il definitivo inserimento di Istia d'Ombrone nello stato senese, risale al 1462, allorché il vescovo di Grosseto Giovanni Agazzari cede al comune di Siena ogni residuo diritto signorile su Istia, che pertanto segue le sorti dello stato senese nei secoli successivi. Con la cosiddetta "guerra di Siena" (1552-1557) lo stato senese è infeudato a Cosimo I de' Medici (3 luglio 1557) ed anche il comune di Istia entra a far parte del ducato mediceo.

Con l'abbandono, nel 1561, della distrettuazione fondata sulla tendenziale coincidenza di circoscrizioni giurisdizionali e comunità, il comune di Istia viene inserito nel Capitanato di Grosseto, al quale fa riferimento in materia penale, mantenendo la propria autonomia per l'esercizio della giustizia civile e la più generale amministrazione della comunità. A questi principi risponde la redazione statutaria del XVI secolo, curata da una commissione di cinque massari di Istia d'Ombrone ed approvata dalle competenti magistrature senesi con il beneplacito del granduca Ferdinando de' Medici nell'estate del 1588. La descrizione di come, duran-

Archivio Segreto Vaticano Congr. Concilii, Visite Ap. Vol.119, c.21. Il visitatore apostolico Francesco Bossi, vescovo di Perugia, riferisce, nel 1576, dell'esistenza in Istia del palazzo del vescovo di Grosseto, a lungo proprietario del castello: «Prouentus Mensae Episcopalis, consistunt in modiis 400 terrae, in quodam Arboreto, posito in territorio Istiae, in prediis quatuor, in agro Buonconuenti, in quodam lacu prope Grossetum, et in pistrino cum Balneis in districtu Rosellae, et ex predictis colligi quottannis possunt scutati sexcenti in circa. Palatium episcopale situm est in oppido Istiae, quod olim sub Episcoporum Grosseti imperio fuisse ferunt».

te il periodo mediceo, la situazione in Istia sia caratterizzata dalla forte povertà della popolazione e dall'assenza di attività economiche diverse dall'allevamento, è offerta da una relazione stilata nel dicembre 1638, ove si legge: «E' ridotta a trenta fuochi, tutta gente povera, ed è necessario ripigliarsi la bandita lassatali per commodo de' lor bestiami in depositaria, poiché non solo non la pagano, ma da alcuni anni in qua non hanno pur fatto li depositari, non mancando non di meno persone che la godono senza pagare, e per questi debiti vecchi se non si fa essecutione sopra li bestiami, che di presente si ritrovano in detta corte come obligati in solidum, in altra maniera è impossibile il cavarne cosa alcuna; come anco sarei di parere vendere tutte l'altre entrate di detta comunità poiché tutte rimangono in mano de' debitori, e se cosa alcuna si risquote ne resta poi debitore il Camarlingo» (cfr. M.ASCHERI-D.CIAMPOLI '90, p.227). Con la "Riforma municipale" del 17 marzo 1783 il granduca Pietro Leopoldo di Lorena abolisce la vigenza degli statuti comunitativi, cui si sostituiva la legislazione dello Stato centrale, e con la riduzione a 18 del numero dei comuni della Provincia Inferiore la comunità di Istia viene a far parte del comune di Grosseto ed i suoi statuti persero vigore. Nel 1787 il castello ed il suo territorio sono così descritti: «Istia, piccolo paese a 3 miglia di Grosseto situato lungo l'Ombrone accanto alla strada consolare, è quasi intieramente rovinato e d'aria pessima per l'umido e l'acqua che lo circondano ed in specie il lagacciolo detto del Vescovo e le molte macchie che lo circondano, ha un poco di piano di là dall'Ombrone, ma molto malsano, dove vanno a seminare gli abitanti di Campagnatico e di Montorgiali. Vi era una casa Trenti ricca e comoda, che colle sue prepotenze ha contribuito molto a rovinare il paese ed ora è andata in rovina anche detta casa. Questo paese ha bisogno che sia risarcita la cisterna e va accordata la metà a chi risarcirà o fabbricherà case. Fa da 120 anime; la chiesa è mal tenuta, vi manca il cappellano e vi è per pievano un tal Fratini pessimo soggetto e che è stato mandato via di Val di Chiana per le sue baronate, al che anderebbe rimediato» (A.SALVESTRINI '74, Provincia Inferiore e Superiore di Siena 1787). Nel censimento del 1841 « Ad Istia su 44 nuclei familiari (con una bassissima dimensione: in media 3 unità), quelli legati direttamente alla produzione agricola sono 39. Prevalgono i lavoratori dipendenti (ben 29: 16 garzoni, 12 braccianti-operanti, una guardia) nei confronti degli " agricoltori possidenti " (appena 7) e degli " agricoltori coloni " (appena un nucleo di 2 persone che abita in paese e che quindi risulta essere un mezzaiolo). Evidentemente i 2 " proprietari " locali (uno dei quali è Bernardino Pacchiarotti che sappiamo essere uno dei più facoltosi possidenti della pianura grossetana), controllano quasi completamente la vita economica e sociale del paese e del territorio parrocchiale. Può essere interessante notare che molti nuclei sono originari dello Stato Pontifìcio: 3 di braccianti e 4 di agricoltori possidenti (quest'ultimi in realtà costituenti un'unica famiglia, gli Agostini, residenti in un'unica casa sparsa in campagna)» (L.ROMBAI '80, p.133).