Il medioevo
 

Archivio di Stato di Siena. Ospedale S.Maria della Scala n.1406, 1309 Marzo 1, c.4. "Catasto della Grancia di Grosseto".

L'istituzione della Grancia di Grosseto avviene nel quadro dell'allargamento delle proprietà dell'Ospedale di S.Maria della Scala di Siena che avviene tra il 1295 e il 1297 a oriente, intorno alle Serre di Rapolano e a Montisi, ed a meridione, a Montepescali (ove nel 1296 fonda uno "spedaletto" (Archivio di Stato di Siena. Diplomatico Spedale Santa Maria della Scala, 1296 Dicembre 16) e soprattutto a Grosseto, consolidandosi anche nell'alta Val d'Arbia, con la realizzazione di numerose ospizi e grance. Nel 1295, infatti, l'Ospedale nomina amministratore dei propri beni grossetani (Ivi, 1295 Giugno 3; cfr. S.R.EPSTEIN '83, p.32) il rettore dell'ospedale che ha in questa città, che dunque è in pratica il primo grancere di Grosseto, che contrariamente a quello delle altre fattorie possedute dall'Ospedale, risiede in un fabbricato situato in un centro abitato. È del 1309 il primo "Catasto della Grancia di Grosseto, che si inserisce secondo particolari caratteristiche nel sistema delle grance e degli ospedaletti dipendenti dall'istituzione ospedaliera senese. Infatti la vastità del suo patrimonio offre all' Ospedale senese l'opportunità di effettuare in grande scala l'allevamento del bestiame, ovvero l'attività economica più redditizia per cui utilizzare le proprie terre, grazie allo scarso investimento ed alla rapidità di riproduzione degli animali. In questa ottica la Grancia di Grosseto ha un'importanza rilevantissima: non solo è il punto di riferimento per il bestiame dell'Ospedale allevato in grande quantità in Maremma fin dai primi decenni del Duecento - particolarmente nel territorio di Cinigiano -, ma anche per quello che in questa regione viene condotto a svernare dai territori delle altre grance. Il grancere di Grosseto, in particolare si occupa dell'allevamento, presso la grancia amministrata, degli animali che vengono trasferiti alle altre in territorio senese, soprattutto maiali (nel 1366-71 la sola grancia di Spedaletto riceve da quella di Grosseto 224 suini), ma anche vacche, giovenchi e cavalli. Un inventario degli animali amministrati a Grosseto, redatto nel 1364 (Archivio di Stato di Siena. Ospedale S.Maria della Scala n.516, 1364 Novembre 21), gli animali allevati

presso la Grancia di Grosseto registra 217 capi, dei quali 44 giovenchi sono inviati a rifornire i poderi di Sant'Angelo in Colle, San Quirico e Montisi, ove ogni anno di solito ne sono inviati una quindicina. Compito del grancere di Grosseto è anche quello di controllare come sia condotto il pascolo delle greggi che dalla Val d'Orcia vengono a svernare - da ottobre ad aprile - intorno a Grosseto. Registra, infatti, una carta del 1363: «le pechore di Val d'Orcia [...] stettero i' Marema, andarvi d'ottobre MCCCLXII e venorne di magio MCCCLXIII...». A condurre gli animali nel territorio sotto il controllo del grancere grossetano sono i mezzadri, ma una volta giunti in Maremma li lasciano sotto la custodia di un "fante" per tutto il periodo in cui vi rimangono, per poi ritornare a maggio per ricondurli alla grancia cui appartengono. Il grancere non solo assicura il rifornimento di grano «a' mezaiuoli di Valdorcia e quelli di San Quiricho quando erano cole pechore in Marema» e la molitura del grano stesso e la confezione del pane, ma anche prestiti di denaro. Nell'area attorno a Grosseto in cui la Grancia tiene i suoi animali, verosimilmente particolarmente utilizzata per il pascolo delle pecore è quella corrispondente all'odierna Barbicaia, il cui nome è chiaramente derivato dal medievale «berbice» - "pecora" (dal latino vervex, berbex). «Grosseto, all'estremo opposto rispetto a Siena e al territorio che l'ospedale controlla, è anche il più importante punto di raccolta e di vendita delle eccedenze di frumento. Queste arrivano dalle grance più vicine (Sant' Angelo, Val d'Orcia, San Quirico e Buonconvento), dalle Serre di Rapolano e da Montisi; poi da tutte le proprietà sparse per la Maremma. Il grano è trasportato a dorso di mulo in più viaggi da vetturali professionisti, quasi sempre in società: le grance più lontane impegnano ogni volta non più di 4 o 5 animali » (S.R.EPSTEIN '83, p.74). La grancia di Grosseto ha anche grande importanza nel commercio di grano dell'ospedale senese, essendo il luogo ove si approvvigionano i mercanti che da esso lo acquistano, e quello in cui l'ospedale stesso immagazzina il grano che è costretto ad importare, facendolo giungere ai porti di Talamone e della Foce di Grosseto, negli anni di carestia, alla fine del secolo XIV. E sono, appunto, gli ultimi del secolo anni difficilissimi per l'Ospedale di S.Maria: le sue entrate diminuiscono vistosamente a causa dei saccheggi delle bande mercenarie, ed in particolare le terre di Maremma, in cui sono insediate bande di mercenari bretoni, razziatori di bestiame, per cui richiedono altissimi riscatti. Nel tentativo di affrontare una situazione del genere, nel 1386, il capitolo dell'ospedale emana dei provvedimenti per cui è prevista la vendita o l'affitto delle proprie terre maremmane «da Sancto Angelo in Colle in giù», e soprattutto di tutto il bestiame.
 

Archivio di Stato di Siena
Ospedale S.Maria della Scala n.1406, cc.30-42.  1469. "Beni acquistati dall'Ospedale di S.Maria della Scala dalla Casa della Misericordia di Grosseto nel 1466".
Nella fotografia la c.30

In Siena, nella seconda metà del Trecento, vi è una grave crisi degli enti assistenziali, con la progressiva sottomissione all'Ospedale della Scala di numerosi piccoli ospizi, e di altri alla Casa della Misericordia, com'è nel caso dello "Spedaletto di Grosseto" nel 1387 (Archivio di Stato di Siena. Spedaletti Soppressi 55. Inventario dell'Ospedale della Misericordia di Grosseto. 1387-1388). Alla metà del Quattrocento l'Ospedale di S.Maria resta l'unico grande ospedale senese, assorbendo i beni della Casa della Misericordia, e questo avviene anche a Grosseto nel 1466. Dall'ospedale grossetano di S.Maria della Scala è acquistata dalla locale Casa della Misericordia una grande quantità di terre (135 moggia e 18 staia di terreno, circa 429 ettari), di case e botteghe in città, accuratamente registrate in un inventario redatto nel 1469. Con questo acquisto l'edificio nell'odierna località Grancia diviene il centro direzionale di un'entità aziendale che gestisce un patrimonio di grandissime dimensioni, le cui terre, amministrate come un unico corpo, costituiranno un'importante azienda agricola nei secoli successivi, fino alle concessioni livellarie lorenesi.