Archivio di Stato di Siena, Conventi 491. ‘Cabreo di S.Francesco di Grosseto,1723.' "Prospetto anteriore della chiesa di S.Francesco".

Una carta amiatina del 1233 riferisce dell'esistenza in Grosseto di una «contrada fratrum minorum». È certo, dunque, che l'Ordine ha ben presto un convento nella città, situato là dove era stato il monastero benedettino di S.Fortunato. La prima chiesa conventuale è ipotizzabile, dunque, sia quella appartenuta al monastero, come confermerebbe l'epigrafe seicentesca apposta nell'interno della chiesa, a destra guardando l'altare maggiore, secondo la quale con un breve del 1289 papa Niccolò IV comandò che la chiesa non avesse più il nome di S.Fortunato, ed assumesse quello di S.Francesco. La costruzione della nuova chiesa conventuale era forse già iniziata prima della decisione papale circa la sua dedicazione: nel testamento del 1284 dell'aldobrandesco Ildebrandino il Rosso si legge che il conte «... iudicavit et reliquit loco fratrum Minorum de Grosseto quinquaginta usualis monete pro fabrica ecclesie vel pro pietantiis fratrum loci ciusdem…». La costruzione dovrebbe, comunque, essere in corso nel 1295,  l'anno del testamento del calzolaio grossetano Curzio, col quale è donata al convento ed alla chiesa di S.Francesco una quantità di mattoni, il materiale, appunto, col quale è costruito l'intero complesso. Oltre a lasciti di personaggi importanti, quali quello del 1321 di Nello Pannocchieschi, altri testamenti, come quello del 1319 di Iacobo di Durellino che prevede un lascito per la «fabrica ecclesie», confermano che la costruzione dell'edificio stava molto a cuore ai cittadini grossetani, per i quali per secoli «la chiesa, il primo chiostro e parte di terreno attorno alla chiesa servivano all'opportunità di tumulazione privilegiata. Si hanno memorie di essere stati sepolti in S. Francesco personaggi e cittadini distinti grossetani che all'uopo legatavano al Convento o beni o somme.... In chiesa sono i sepolcri di Domenico di Matteo Angeli figlio di distinta famiglia grossetana del secolo XV morto il 1477, il

padre del quale ebbe viva parte nella magistratura del Comune, collaborando nel 1499 alla riforma degli statuti municipali; quelli dei benemeriti cittadini Iacopo Panichi, Tarizie Bardottini , e Carlo Rampini e di altri…Nel centro della chiesa è collocata una lapide con lo stemma e l'iscrizone per un certo Gherardo Giovannetti aromatario (speziale) morto in Grosseto nel 1504; e nella

Archivio Segreto Vaticano. Fondo Toscano 16015. S.Francesco di Siena n.153. 1319 Marzo 12. Iacobo di Durellino da Grosseto detta le proprie volontà in un testamento scritto in Montalcino. Il facoltoso grossetano, fra i molti lasciti, destina 100 lire per la «fabrica ecclesie seu loci fratrum minorum de Grosseto».

parete di sinistra prossima all’altar maggiore vi è il sepolcro del nobile cavaliere Camillo Nelli che dopo avere capitanato eserciti nel Belgio, in Francia ed in Germania moriva in Grosseto comandante la fortezza il 3 ottobre 1629. E’ sepolto in S.Francesco, sebbene non un marmo lo accenni, l’assiduo ricercatore di memorie patrie Francesco Anichini, che per molti anni ricuoprì
l’ufficio di cancelliere tanto vescovile quanto comunitativo» (CAPPELLI '10, pp.21-22).
 
Dal punto di vista architettonico, la chiesa di San Francesco di Grosseto rispecchia pienamente i canoni che in Toscana regolano la maggior parte delle chiese degli ordini mendicanti: completamente realizzata in cotto, fatta eccezione per il basamento della facciata, ha un impianto ad unica vasta navata con copertura a capanna, conclusa dalla cappella del coro voltata a crociera. Da un documento del 1579 si apprende che la facciata della chiesa minaccia di rovinare, e che dunque ne è effettuato il restauto. È appunto verso la fine del XVI secolo che sono eseguiti importanti interventi sull'edificio, ma con questi, nota il Cappelli (Ivi, p.26), «cominciarono pel fabbricato del convento le rabberciature e i guasti derivanti dal pervertito gusto dell'arte: così alla semplicità delle linee ed alla sobrietà degli ornamenti si sostituiscono a poco a poco le costruzioni più goffe e grossolane le quali finirono poi coll'acciecare le belle finestre, restringendone con altre forme la grandezza ed aprendosi dei vani quadrilateri discordanti dall'armonia generale del fabbricato». L'intervento più importante è l'aggiunta nel 1641 della cappella dedicata a Sant'Antonio da Padova, e nel 1623 è rifatto il campanile, e nel corso del XVII secolo e nei primi anni del XVIII sono sostituiti molti altari, rispetto a quelli visti dal visitatore apostolico Francesco Bossi nel 1576. Nel 1865 dopo che per circa otto anni ha servito da cattedrale, essendo S.Lorenzo chiusa per restauro, la chiesa di S. Francesco è destinata dal Comune ad uso di magazzino, finché nel 1880 è consegnata al Rettore dell’Opera della Cattedrale e il 9 giugno 1895 riaperta al culto, dopo radicali restauri. Con questi, intesi a restituire alla chiesa l'aspetto originario, si è attuata la rimozione dei molti altari barocchi che ha riportato alla luce affreschi del Trecento e Quattrocento senese, fra i quali uno di notevole qualità vicino la porta d'ingresso alla cappella dell'Immacolata, raffigurante una Madonna trecentesca non lontana dai modi di Niccolò di Segna. Sopra l'altare maggiore è una bellissima Croce, un dipinto tardoduecentesco dall'attribuzione controversa, che certo rappresenta l’opera d’arte più importante fra quelle conservate nella chiesa. La pittura seicentesca è rappresentata da due interessanti tele che non appartengono al patrimonio originario della chiesa e, nella cappella di S.Antonio, da un ciclo di affreschi dedicato al Santo, eseguiti per incarico della compagnia nel 1679-1683 da Francesco Nasini e dal figlio Antonio. Dal 1900 i restauri della chiesa sono affidati a Lorenzo Porciatti, che adotta criteri di recupero dei caratteri originari dell'edificio seguendo l'esempio della chiesa senese di San Francesco, restaurata dal Partini e dal Mariani. La facciata fu riportata alla semplicità originaria e l'interno fu spogliato di tutti gli arredi, furono riaperte le finestre ogivali del coro ed eseguite le pitture delle vetrate dai fiorentini Ghini e Dini. Il campanile venne innalzato su disegno dello stesso Porciatti soltanto nel 1926.

 

 

 

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