Viaggiatori a Grosseto
 
1832 - A.ZUCCAGNI ORLANDINI, Atlante geografico fisico e storico del Granducato di Toscana, Firenze 1832. Tavola XVIII: "Tavola Geografica, Fisica e Storica della Valle Inferiore d'Ombrone e delle valli minori ad essa adiacenti":«Comunità di Grosseto. Grosseto...Il recinto di Grosseto oltrepassa appena il miglio e mezzo; piccola è dunque ma assai bella città. Il giro delle mura è un poligono di sei lati ineguali, miniti ad ogni angolo di solido bastione; in quello volto a greco levante è la fortezza, in quello di ponente fu modernamente costruito un molino a vento. In un angolo del bastione meridionale è la porta, già unica, poi detta vecchia, allorché nella parte opposta della città un'altra ne fu aperta e perciò chiamata porta nuova. La via ad esse interposta, detta in principio del Ghetto, poi Colonnella; in generale tutte le strade, specialmente le principali, sono ampie, ben lastricate, e comodissime. Le piazze primarie sono quelle d'armi, entro porta vecchia; l'altra di S.Francesco, in un angolo opposto della città; le due centrali dell'erbe, e dei due pozzi: superiore a tutte è piazza grande presso il Duomo, ampia assai e recinta in due lati da logge. In mezzo ad essa, per benefica sollecitudine del Sovrano, è stato traforato un pozzo alla modenese, da cui già emergono acque potabili; vantaggio inapprezzabile in terreno di altissimo sedimento, e privo al tutto di vive sorgenti. Gli abitanti godono altresì il pubblico benefizio di quattro cisterne e di due pozzi, ma questi di acque non buone. Tra i sacri edifizi primeggia il Duomo; vasto tempio, di elegante sveltezza, in croce latina a tre navate, con facciata ricca d'ornati, listata di marmi bianchi e di marmi rossi di M.Arrenti. L'orat. di S.Pietro, chiesa non grande ma molto antica, posta sulla via colonnella, è succursale del Duomo. S.Francesco, monastero abbandonato dai Benedettini nel 1220, ed acquistato nel 1289 dai Conventuali, modernamente soppressi, è destinato ora di annesso per convalescenti al contiguo spedale; la sua vasta chiesa serve all'occorrenza di Cattedrale, e talvolta di sala per infermi. Anche il vicino convento di S.Gherardo di Clarisse soppresse fu ceduto ad ingrandimento del pubblico spedale, il quale è posto in comunicazione coi predetti ex-conventi, per mezzo di due cavalcavia. In tal guisa l'antico spedale, capace appena di 56 letti, quando fu restaurato nel 1787, per cura del G D. P.Leopoldo, è reso ora capace con i nuovi ingrandimenti di 200 e più letti, offrendo altresì comoda abitazione agli impiegati ed inservienti. Al trasporto degl'infermi prestasi la Confraternita della Misericordia, la cui piccola chiesa è posta sulla piazza dei due Pozzi. In faccia al Duomo è la casa del comune; da un lato della piazza il Pretorio; in via Colonnella l'uffizio di Soprintend. Comunitativa. Questi e moltissimi altri tra i principali edifizi sono assai comodi, quasi tutti di pulito e decente aspetto. Il pubblico teatro ha due ordini di palchi. Grosseto è sede di un R.Commissario e di un Vescovo. Ha Ruota Civile e Crim., ed un Ingeg. di Circondario. Ha un Comando di Piazza e del Littorale. Ha ufizio di Esazione e di Conservazione d'Ipoteche ec. Vi si trovano altresì due Medici, un Chirurgo, due Chirurghi Infermieri, due Maestri ed una Maestra».
 
1832 - P.PIFFERI, Viaggio antiquario per la Via Aurelia da Livorno a Roma con disegni analoghi di Carlo H.Wilson, Roma 1832, pp.55-56: «Ora Grosseto presenta l'aspetto di una citta recente....Grosseto rimane nella state pressoché deserto, e nell'inverno soltanto vi si contano quattro o cinquemila abitanti. Sono questi gente di ogni condizione, e di varii paesi, tratta colà dal solo amor del guadagno, o ivi confinata dal Governo ad espiar la pena di qualche delitto. Con tal sorta di persone è facile d'immaginarsi quale specie di società vi possa esistere, benché la loro vita sia assai precaria per l'infezione del clima tanto nocivo. Il materiale della citta e generalmente buono, vi sono case , e comode locande-, e botteghe di caffè., e nell'inverno vi si sperimenta un soggiorno assai piacevole. È ancora Grosseto una piazza di commercio bastantemente considerabile in grano., ed in bestiame, e le razze de' cavalli sono più che altrove assai pregiate. I così detti massari, che hanno tenute del proprio, o che le prendono in affitto, fanno sementi abbondantissime., rendendo il grano l'otto, il dieci, ed anco il quindici, fino al venti per uno nelle buone raccolte. Per chi trascorresse questa pianura senza farvi una particolare riflessione, essa forse presenterebbe un aspetto il più sterile ed infelice. Non vi si osservano né case né capanne, né alberi s'incontrano., e tutto offre l'idea della desolazione. Noi siamo già a' 26 di Ottobre, e pochi abitanti sonosi ritirati in citta, ed il bestiame non è ancor disceso dalle vicine montagne o da' boschi degli appennini. Seguita ancora un'arsura, ed un calore eccessivo., che mi richiama al pensiere i deserti bruciati della Libia».

 

1848 - G.DENNIS, La Maremma Toscana , in BANCA POPOLARE DELL'ETRURIA E DEL LAZIO '95, p.39: «Grosseto, la capitale della Maremma toscana, si trova proprio al centro della pianura. Ha 5.000 abitanti e una popolazione quasi doppia

Nel disegno, realizzato dal Wilson nel 1832, in occasione della sosta effettuata a Grosseto dall'abate Pifferi nel suo "Viaggio antiquario...", si notano i colonnini con le catene, posti nel 1792 a delimitare un'area della Piazza Grande riservata al mercato cittadino, e riutilizzati nel nuovo assetto della piazza allorché, nel 1846, al centro di questa venne eretto il monumento a Leopoldo II. La cattedrale ha una scalinata lungo la facciata meridionale, oggi non più esistente, che continua quella della facciata occidentale. Sullo sfondo gli edifici sulla cui area, dal 1867, verrà costruito il nuovo palazzo comunale.

d'inverno. Al confronto con le città e i villaggi dei dintorni sembra un'oasi di civiltà: infatti possiede un aspetto lindo e pulito, giardini sui bastioni, una piccola e graziosa cattedrale, pallido riflesso delle meraviglie di Siena, un teatro e una locanda, la Stella d'Italia, i cui pregi non posso esprimere meglio che col dire che è una delle migliori tra Pisa e Roma. Il padrone, il signor Civinini, è il successore della vedova Palandri, un tempo conosciuta in lungo e in largo per tutta la Maremma, non solo per l'eccellenza dell'alloggio, ma per il vanto di aver vissuto da ragazza, da moglie e da vedova per più di sessant'anni a Grosseto, d'estate come d'inverno, sempre in buona salute: un monumento vivente alle capacità di adattamento della costituzione umana e delle sue possibilità di resistere alle più nocive influenze della Natura. Infatti Grosseto, sebbene protetta dagli assalti dell'uomo da poderose fortificazioni, non ha difesa contro i subdoli attacchi delle febbri palustri che l'affliggono d'estate, e il detto Grosseto ingrossa non è un semplice gioco di parole e neppure deve essere preso in senso ironico, ma è un riferimento preciso all'effetto idropico e al gonfiore causato dalle febbri ricorrenti. Grosseto ha scarso interesse per l'archeologo, se si escludono il Museo e la vicinanza dell'antica città di Rusellae, che si trova 8 km a nord, vicino alla carrozzabile per Siena».
 

1848 - O.SPEYER, Da Grosseto a Follonica a Piombino , in BANCA POPOLARE DELL'ETRURIA E DEL LAZIO '95, pp.45-46: «Grosseto, capoluogo e centro della Maremma, situato tra l'Ombrone e la palude di Castiglione, è una città accogliente e ben costruita, con strade diritte e mura regolari simili a fortificazioni, sovrastata da un castello poco difendibile...Grazie ai faticosi sforzi del governo di Leopoldo II, che ne aveva fatto il centro del commercio e dell'industria, così come anche dei lavori di bonifica della Maremma, la sua popolazione ha raggiunto durante i mesi invernali i 4000 abitanti circa che, incrementati da numerosi lavoratori forestieri, animano le strade e il mercato. Ma quando il calore soave della primavera comincia a lasciare il posto all'opprimente calura estiva, e il sole del meriggio cova le velenose esalazioni delle paludi e delle salmastraie, tutti coloro che non sono legati alla terra o alla scrivania, fuggono sui monti vicini, e delle migliala non rimangono che poche centinaia: la città giace muta e deserta e l'erba cresce nelle strade. Dei rimasti quasi nessuno viene risparmiato dalle febbri, nonostante che tutti, durante le pericolose ore mattutine e serali, si ritirino nelle case chiuse ermeticamente. Un forestiero che in questa stagione si trovasse per le strade dopo il tramonto, potrebbe credere di essere capitato in una città incantata, poiché potrebbe percorrerla da porta a porta senza incontrare anima viva o percepire altro suono che il riecheggiare dei propri passi nei vicoli deserti».
 

1864 - W.D.HOWELLS, Sosta a Grosseto per forza maggiore , in BANCA POPOLARE DELL'ETRURIA E DEL LAZIO '95,pp.55-57: «Grosseto non è una città molto nota ai viaggiatori, infatti non l'ho trovata in nessuna delle guide che ho consultato... Grosseto si trova sulla strada di posta fra Civitavecchia e Livorno e che nel cuore della città c'è una bella palma, una delle poche, se non l'unica, a una simile latitudine. La palma spunta da un cortiletto grigio, ben riparato, lontano da qualsiasi percorso e piega teneramente verso la parete che la ripara dal vento del nord. Ha come unica compagnia una bella ragazza che s'affaccia ad una finestra sopra la sua chioma, senza dubbio per conversare con lei...Grosseto fa di tutto per tenere segreta l'esistenza di questa pianta come se un luogo semplice ed ordinario dovesse vergognarsi di un simile sentimento. Si dava arie di città mondana e si sforzava in ogni modo di trattenerci nei dintorni della cattedrale dove ci sono il caffè e i negozi e dove, la sera, quattro o cinque ufficiali della guarnigione facevano tintinnare le sciabole sul selciato, passeggiando avanti e indietro; dove diverse signore acquistavano i guanti e molti signori sedevano a sorbire il caffè. Era un scena abbastanza vivace e da parte nostra sapevamo che i cittadini stavano chiacchierando delle novità della settimana e della questione romana, che le signore più che guanti cercavano amanti, che in assenza di tresche locali, gli ufficiali morivano di noia e non vedevano l'ora di essere trasferiti a Firenze, a Milano o a Torino. Oltre a queste scenette incantevoli, Grosseto ne presenta altre di natura artistica. Costruito a strisce alterne di marmo rosso e di marmo bianco e da poco restaurato, il duomo era molto vecchio e molto bello. Purtroppo non era aperto, per cui fummo costretti a volgere verso il gruppo statuario al centro della piazza, raffigurante la Maremma e i suoi figli che rendono grazie al Granduca Leopoldo II di Toscana per l'opera di bonifica. La Maremma e i suoi figli sono avvolti nei panni succinti dell'allegoria, ma il Granduca è vestito di tutto punto ed è rappresentato nell'atto di guardare con una certa sorpresa le figure di cui ho detto, perplesso sulla convenienza della loro pubblica apparizione in simile stato. A Grosseto c'era anche un museo e mi chiedo cosa ci potesse essere. Le mura della città erano perfettamente conservate, anche se il fossato era da così tanto tempo asciutto che lo si distingueva dai campi vicini soltanto per la vegetazione lussureggiante.

La palma di cui riferisce l'Howells, era nell'odierna via Colombo, dietro la chiesa di S.Giovanni Battista. «Si diceva piantata addirittura alla fine del Settecento, cresceva nell'orto del Bruchi. Il palazzo retrostante fu distrutto durante la seconda guerra mondiale e non più ricostruito» (E.-M.INNOCENTI '93, Vol.II, p.325. Foto collezione Collura).

Le mura erano state spianate all'altezza dei camminamenti, arricchite di alberi e trasformate in tranquille passeggiate, come è successo alle maggiori opere medievali di difesa in Italia. Con ogni probabilità presso un bastione doveva sussistere qualche forma di vita militare. Mentre passeggiavamo sulle mura, di buon'ora al mattino ci giunse all'orecchio un rullo di tamburi. Esclusi gli ufficiali incontrati in piazza, gli unici armati in cui ci imbattemmo furono i tanti cacciatori venuti a Grosseto per la stagione venataria, particolarmente ricca da queste parti. Continuammo ad incontrarli con i loro cani per tutta la strada verso Firenze. La nostra locanda di Grosseto traboccava di selvaggina. Sul piantito della cucina c'erano mucchi di allodole, fagiani, quaglie, beccafichi che passavano per le mani di sguatteri intenti a pelarli, per finire in quelle del grande e nobile cuoco dal panuccione bianco che li friggeva, li faceva in gratella, in stufato e arrosto. Durante il nostro soggiorno vivemmo di questi generosi volatili e quando cercammo di variare il menù, ci accorgemmo che il cameriere aveva le idee alquanto confuse al di là della cacciagione. Egli faceva parte delle migliorie che la proprietà aveva introdotto di recente e aveva fatto la propria comparsa con le forchette a quattro punte, le cromolitografie di Vittorio Emanuele, Garibaldi, Solferino e Magenta nella sala da pranzo e la stufa di ghisa in quella più piccola. Non aveva nulla in comune con gli impiantiti di mattoni delle camere e le vecchie stanze coi grandi camini. Si sforzava di dare un certo lustro fiorentino alla ruvida scorza maremmana e ci sembrava che dovesse conoscere il senso della parola «Breakfast». Quando l'ordinammo, mostrò di capire, partì per procurarsela, si fermò, tornò indietro e, con grande sacrificio della dignità personale, chiese: "Bistecche di manzo o di montone?"».