Il secolo XIII
 

Archivio di Stato di Siena. Capitoli 20, cc.1v-2v. 1204 Settembre 8. Il conte Ildebrandino per sé e per sua moglie la contessa Adalasia sottoscrive patti con gli uomini di Grosseto ed i suoi consoli. Atto in Grosseto. Tre giorni dopo, nel castello di Santa Fiora, la contessa conferma davanti ai rappresentanti del comune di Grosseto.C.1v.

La documentazione relativa ai primi anni del '200 attesta come ancora persistessero «le forme del dominio comitale su Grosseto, che presentano le caratteristiche tipiche del controllo su una comunità evolutasi all'interno di una forte signoria territoriale centrata su un castello» (S.M.COLLAVINI '96, p.130). Ciò è evidenziato dalla permanenza dei privilegi che la famiglia aldobrandesca conserva allorché, nel settembre del 1204, questa concede ai grossetani una carta libertatis. Questa concessione testimonia, indubbiamente, l'acquisizione da parte dei cittadini di un rapporto con la famiglia signorile assai meno improntato dalla subordinazione, rispetto a quello del secolo precedente, forse addirittura conquistato a seguito del duro confronto che si potrebbe ipotizzare in ragione del riferimento ad un recente incendio della città cui la carta fa cenno. Ma certo i diritti giurisdizionali dei conti rimanevano assai ampi, e nella città in cui finalmente è stato istituito il comune, il loro palatium continua a costituire non solo il simbolo
del dominio comitale, ma anche una fondamentale struttura di carattere militare sotto l'esclusivo controllo della famiglia aldobrandesca.
 

Archivio di Stato di Siena. Conventi 161 - "Caleffo S. Galgano I", c. 367. 1222 Maggio 8

Di un "Palazzo del Comune di Grosseto" si ha la notizia più antica da una carta del 1222: l'8 maggio di quell'anno, infatti, nella curia del comune di Grosseto è pubblicato un importante documento relativo a lasciti al monastero di S. Galgano, ma è del 1203 la prima attestazione di una struttura comunale. Nel contratto stipulato tra il conte Ildebrandino VIlI e una società senese per la creazione di una dogana del sale di Grosseto, dagli Aldobrandeschi sono affidati compiti ai consoli della città, ovvero al collegio dei cittadini al vertice del
comune, e ciò attesta indubbiamente l'esistenza di un clima di collaborazione fra la famiglia signorile ed il ceto dirigente cittadino, che viene meno ben presto. Negli anni successivi alla concessione della carta libertatis, infatti, con l'accentuarsi particolarmente su Grosseto della pressione senese in Maremma, i grossetani intrapresero decisamente una propria politica, venendo meno agli obblighi di fedeltà nei confronti degli Aldobrandeschi, disattendendo gli impegni che questi avevano assunti per loro con Siena nel patto relativo ai traffici commerciali stipulato nel novembre del 1221. La reazione di Siena fu violenta: «le milizie senesi si impadronirono di Grosseto, distruggendone le fortificazioni e danneggiando gravemente anche le abitazioni (settembre 1224). Infatti, il Comune di Siena violò gli accordi presi con gli Aldobrandeschi, secondo i quali l'esercito senese si sarebbe dovuto limitare a distruggere le mura della città e spianarne i fossati e le carbonaie, mentre, dal canto proprio, i conti avrebbero dovuto combattere entro i Grossetani dall'interno del proprio palazzo, opportunamente fortificato come pure la torre da essi posseduta presso Grosseto» (R.FARINELLI - R.FRANCOVICH 2000,pp.126-127). Ad indebolire ulteriormente il dominio aldobrandesco sulla città fu l'insediamento in essa del vicario imperiale durante l'occupazione della contea da parte delle truppe di Federlco II fra il 1240 al 1250, con la ripetuta presenza dello stesso imperatore in città tra il 1243 ed il 1246. Quanto il comune di Grosseto abbia rafforzata la propria autonomia nei confronti della famiglia comitale nel corso dell'età di Federico II lo attesta l'accordo di pacificazione che, nel maggio del 1251, il conte Ildebrandino dovette stipulare, rinunziando a rivendicare i censi ed i tributi che non gli erano stati corrisposti dai Grossetani. « La trattativa di pace fu condotta sotto l'egida senese, e ancora una volta, in effetti, l'autonomia di G. nel quadro del dominio aldobrandesco era condizionata dalla subordinazione all'alta sovranità del Comune di Siena; il rapporto di subordinazione era stato sancito nel gennaio dello stesso anno, in un atto che è molto conosciuto soprattutto perchè contiene in un inciso una definizione territoriale della Maremma:... Entro questi confini i Grossetani, che costituivano ormai senz'altro la comunità più ricca e influente della zona, si impegnavano a tutelare gli interessi
della città dominante. Le divisioni politiche interne al Comune senese e la situazione creatasi in Toscana nel contesto delle lotte tra Guelfi e Ghibellini aprirono lo spazio, nella seconda metà del secolo, a successive rivendicazioni di autonomia dei Grossetani, ricondotti tuttavia sempre ad un'alleanza in posizione subalterna, se non ad una stretta soggezione. Il dominio senese si concretava nel controllo diretto sulle opere di fortificazione: dopo la ribellione dei 1259 i Senesi avevano fatto erigere in G. un cassero, che doveva essere custodito da una loro guarnigione, e nelle aggiunte allo Statuto senese dei 1262 erano contemplate disposizioni per la custodia dei "casseri di Grosseto"...Lo sviluppo comunale interno di G., l'estendersi dell'egemonia senese e il generale indebolimento della potenza aldobrandesca condussero tuttavia, tra fa fine del '200 e gli inizi del '300, a un progressivo distacco tra l'antica dinastia e la città» (P.CAMMAROSANO-V.PASSERI ’85, r.24.1). Questo processo è caratterizzato anche dai numerosi tentativi di ribellione all'egemonia senese, e trova la sua manifestazione nell'impegno col quale il ceto dirigente grossetano, evidentemente dotato di notevoli risorse finanziarie, si adopera in un grande programma di ristrutturazione urbanistica della città, la cui realizzazione assume il preciso significato di rottura definitiva col passato politico della città. L'ampliamento del palazzo comunale attorno al 1270, ovvero in un periodo di forti tensioni con Siena, ed in Grosseto stessa fra le fazioni guelfa e ghibellina a seguito della sconfitta inferta dai fiorentini ai senesi nel 1269, costituisce vera e propria premessa alla piena realizzazione del programma che avverrà a fine secolo. Rinnovare il palazzo

Archivio di Stato di Siena. Capitoli 1 c.170, ( Ed. Cecchini "Caleffo Vecchio" n.236). 1224 Agosto 24. l Comune di Siena promette che se i Conti Aldobrandeschi osserveranno i patti stipulati, il Comune abbatterà le mura di Grosseto senza danni alle case, facendo però giurare ai grossetani di non molestare i cittadini senesi.

comunale realizzando un edificio ben più importante architettonicamente del precedente, per il ceto dirigente di Grosseto costituìsce il modo più persuasivo di manifestare la volontà di far superare alla città i danni e le limitazioni arrecatele dai capitoli imposti da Siena nel 1266 (A.S.S., Capitoli 20, c. l, 1266 Marzo 6), e di imprimerle una spinta decisiva verso un futuro cui è legittimo guardare con fiducia, viste le risorse della città. A fine secolo, allorché divennero un fattore importante della politica del ceto dirigente grossetano anche i rapporti con Pisa - anche burrascosi, com'è nel caso del confronto armato del 1290 per le peschiere del Lago di Castiglioni -, oltre che lo storico confronto con Siena e le sue intese economiche e politiche con Firenze, ecco che quella rottura la si vuol sottolineare con la configurazione stessa di una nuova grande piazza sulla quale si affacci il palazzo del comune ulteriormente ampliato, ed attorno alla quale vi siano anche la nuova cattedrale, un nuovo ospedale ed il Palazzo dei Priori. La vitalità cittadina è attestata anche dal fatto che, in quegli stessi anni, viene iniziata la costruzione della nuova chiesa conventuale di S.Francesco. La realizzazione del programma di ristrutturazione urbanistica, cui si accompagna quella amministrativa con l'istituzione dei Terzi di S.Pietro, di Città e di S.Giorgio, trova il suo completamento nei primi decenni del XIV secolo.

 

 

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