La "cittadella" nel secolo XVII  
 
«La Fortezza o Cittadella o Ridotto, rafforzata da baluardi angolari e protetta da un fossato munito di ponte levatoio di legno, era una struttura autosufficiente e ben congegnata per affrontare emergenze di guerra. Gli alloggi militari si concentravano intorno alla piazza d'armi e, come si deduce dagli inventari e dai preventivi di spesa per la manutenzione e per i risarcimenti elaborati nel Settecento, dovevano consistere in due quartieri più spaziosi ed accessoriati destinati al Governatore militare e al Comandante, in caserme adibite a dormitori, in piccoli alloggi provvisti di cucina e focolare per i militari ammogliati. Inoltre erano presenti edifici tecnici quali l'ospedale, il mulino, il deposito del grano, il forno, la cisterna per l'approvvigionamento idrico e vari altri locali destinati ad armeria e depositi per gli strumenti da

guerra. La Cittadella possedeva infine la Cappella di Santa Barbara per le funzioni religiose. Tutta la restante area del Bastione Fortezza era organizzata nel rispetto della trattatistica militare. Il baluardo, con gli spazi destinati ai movimenti e alle postazioni militari come il cavaliere, le piazze basse, le cannoniere o troniere e i casini di guardia era il fulcro delle azioni difensive. Il fianco ritirato era creato in funzione delle rinnovate tattiche balistiche e in esso si concentrava l'artiglieria, distribuita su tre livelli. Il più basso era caratterizzato da ambienti voltati muniti di postazioni pronte ad accogliere i cannoni detti traditori, posti a difesa del fossato. L'ordine mediano era invece scoperto e armato con un'ulteriore munizione di bocche da fuoco a media gittata. Infine gli spazi aperti collocati alla massima altezza del terrapieno del bastione erano difesi da batterie dette in "barbetta"per la loro traiettoria di tiro aderente al terreno, destinate a proteggere la cortina delle mura dagli assalitori. Altri pezzi di artiglieria trovavano alloggio nel vertice del cavaliere e puntavano direttamente verso l'esterno della città» (M.PARISI-E.VELLATI 2002, pp.64-67).

Biblioteca Comunale di Grosseto, Bartolomeo Gherardini, Auditore Generale in Siena. Visita fatta nell'anno 1676 alle città castella dello Stato della Città di Siena per S.A.S. Cosimo llI dei Medici Granduca VI di Toscana . Tomo IV cc.174-220. "Città di Grosseto". C.186. "Castellano della Fortezza". Fra le rendite di cui dispone vi sono quelle derivanti dalla concessione del pascolo negli spalti interni ed esterni delle mura.

Subito dopo la sua costruzione la fortezza già presenta preoccupanti segni di degrado. Ciò deriva dalla stessa causa che determina quello dell'intero circuito delle mura, ovvero dalle infiltrazioni d'acqua che provocano dissesti nelle fondamenta dei bastioni e smottamenti dei terrapieni retrostanti. Sulla soluzione del problema esprimono dettagliate proposte d'intervento il fratello del granduca, Don Giovanni dei Medici, Sovrintendente delle Fabbriche militari e civili della Toscana, e l'architetto fiesolano Raffaello Pagni, il progettista del pozzo nella piazza d'armi, ma in effetti sono Alessandro e Massimo Pieroni, con il provveditore di Grosseto Cario Fortunati, che lo affrontano direttamente. Dalle minuziose relazioni del 1594 al granduca sull'andamento  dei  lavori di Lorenzo Usim-

bardi si apprende che questi consistettero nella costruzione di condotti per lo scolo delle acque e di contrafforti a sostegno dei punti più deboli, fra i quali, appunto, i lati della fortezza. Nonostante queste opere, nel 1622 Gabriello Ughi, visitando il "Baluardo del Fortellino" - come viene chiamata la fortezza-, non può che registrarne una condizione assolutamente insoddisfacente, e dunque viene incaricato di provvedere al suo restauro.Dei suoi lavori informa il granduca con dettagliate relazioni, dalle quali si apprende che, oltre al rafforzamento di alcune muraglie, è soprattutto al consolidamento ed alla protezione dalle acque delle fondazioni del grande complesso che sono indirizzati i suoi sforzi. Ne costruisce di nuove, scavando sotto le cortine e utilizzando pietre e lunghi pali infissi nel terreno. Con 10 fori nelle muraglie procura lo smaltimento delle acque piovane dalla fortezza, che vengono convogliate, mediante scannafossi, in un "fognone". Nel 1624, però, lo stesso Ughi deve registrare che quanto da lui stesso realizzato non ha salvato del tutto la stabilità della fortezza, ma, osserva, ciò è dovuto al fatto che non vi è stata «vigilanza degli scoli delle acque». Fa, dunque, ripulire le "bocchette", e dà disposizioni di «tener cura che la guardia che sta alle bocchette, stia vigilante et assistente». Sugli interventi di Gabriello Ughi per il "Baluardo della Vittoria nel Fortellino di Grosseto" informa la relazione di Leilo Catastini, Procuratore delle Fabbriche e Fortezze di Grosseto, (Archivio di Stato di Firenze. Mediceo, f. 1825, ins. 2. 1624 Novembre 29). In essa sono indicate le spese sostenute per la costruzione della nuova muraglia e del relativo terrapieno, ed è sottolineato che queste sono superiori al preventivato poiché è stato necessario realizzare la fondazione per la questa opera «Stante che per aver trovato la muraglia senza fondamento et grossa in fondo braccia 5,1/2 e i contrafforti di detto baluardo erano tutti fondati in Aria». Per tutto il '600, sotto il comando del "Castellano della Fortezza", la cittadella in effetti ha soltanto una funzione di deterrente, poiché la sua efficienza di struttura difensiva non è mai sperimentata da qualche assalitore delle mura grossetane. Forse è proprio per questa mancanza di minacce effettive che non vi sono altri importanti interventi di manutenzione dopo quelli di Gabriello Ughi, cosicché alla fine del secolo il fortilizio è tornato ad essere in precarie condizioni. A questo non fa cenno la Relazione della visita alla fortezza e presidio di Grosseto del 1696 di Antonio Marmerai (Archivio di Stato di Firenze. Mediceo, f. 1801, ins. 46), che solo tratta della rovina di polveri, artiglieria e moschetti, ma assai chiara in proposito è quella dell'anno successivo di di Giovanni Maria del Fantasia. Nella sua Relazione fatta nell'anno 1697 dal Sig. Gio. Maria del Fantasia alle fortezze di Siena, Grosseto ed altri luoghi della Maremma di Siena, osserva che le infiltrazioni delle acque piovane nei terrapieni delle contromine hanno provocato cedimenti nelle muraglie e che «I luoghi comuni della Cittadella avrebbero bisogno d'esser mutati con mettergli su le mura, e che abbino le buche corrispondine ne fossi...» e che "il Camposanto dello Spedale", «su la spianata d'essa cittadella» è in disordine, con le lapidi rotte. Questa situazione si protrarrà fino agli interventi che, nel secolo seguente, saranno effettuati ad opera del governo lorenese.
 

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