Archivio Arcivescovile di Lucca + F. 66. 803 Agosto

La città di Grosseto deriva il proprio nome da quello di un "locus" documentato per la prima volta da una carta lucchese dell'803, concesso, assieme al luogo chiamato Calliano, dal vescovo di Lucca ad Ildiprando, un membro della famiglia conosciuta come quella degli Aldobrandeschi nel pieno medioevo. La ragione per cui in territorio della diocesi di Roselle un vescovo lucchese possa conferire terre ad un aristocratico della sua città risiede nelle vicende relative alla conquista longobarda della Maritima, e da quelle che da esse si dipanano. All'inizio del secolo IX il dominico della curtis del locus Grossito, costituito dagli edifici che stanno attorno alla chiesa di S.Giorgio, certo rappresenta in età longobarda il punto di riferimento più importante delle proprietà vescovili lucchesi che si estendono attorno alla sponda meridionale del Lago Prile e al tratto finale del corso del fiume Ombrone, lì attraversato da un’antica via romana. E ciò non solo per quelle rosellane, ma anche per le corti in territorio sovanese, tra il fiume e lo spartiacque fra il suo bacino e quello dell’Osa-Albegna, che è il limite meridionale delle proprietà lucchesi nei Fines Maritimenses. La proprietà che fa capo alla chiesa di S.Giorgio è, infatti, senza dubbio la curtis de Roselle (tale per essere in 'Territorio Rosellano') documentata nell’VIII secolo appartenere al vescovato lucchese. A questa corte debbono essere diretti, annualmente, non solo i censi in

natura dei massari delle corti in territorio sovanese di Tocciano e di Lusciano, ma anche condotte, ogni tre anni, le mandrie del bestiame allevato per il vescovo Peredo nella corte di Lusciano, alle pendici del Monte Labbro e del massiccio del Monte Amiata.

 

E certamente la vicinanza del grande specchio d'acqua salata del Lago Prile - il Lago di Castiglioni nel pieno medioevo- consente che la corte possa fornire al suo proprietario una consistente quantità di sale. Tutto ciò fa sì, evidentemente, che verso la fine dell’età longobarda l'insediamento rurale della curtis de Roselle, che nell'803 è documentata in loco Grossito, abbia una discreta consistenza: sembra del resto confermarlo anche la necropoli di Grancia (VII-VIII secolo), che il Von Hassen ritiene riferirsi ad una «grande masseria» o «ad un piccolo paese». Gli avvenimenti degli ultimi decenni del secolo VIII, ovvero la conquista dell'Italia da parte dei franchi, con la conseguente crisi del sistema del potere in Lucca, determinano certamente per il vescovato quelle difficoltà di carattere amministrativo che inducono ad effettuare la concessione ad Ildiprando delle terre della curtis de Roselle, che da tempo non è più possibile amministrare direttamente. E proprio dalla loro condizione di abbandono quelle terre hanno ormai un nome che le identifica come locus Grossito, ovvero locus di terre incolte, da dissodare , cioè ‘terre grosse’. Del resto l'area probabilmente non ha mai avuto una prevalente destinazione a coltura, ma piuttosto a pascolo, come documentato punto di raccolta delle mandrie del vescovo lucchese in età longobarda. Il nucleo abitato attorno alla chiesa di S.Giorgio, allorché diviene possesso della famiglia aldobrandesca subisce un radicale mutamento di funzione nei confronti del territorio circostante. Al complesso degli edifici del dominico viene data la protezione di una efficace recinzione, che certo ha il suo punto forte nella costruzione in muratura della chiesa di S.Giorgio, realizzando così il nucleo originario di un "castrum Grosito" attestato nel 973, e dunque della città di Grosseto, che nasce così secondo una matrice funzionale prevelentemente militare.

Archivio Arcivescovile di Lucca + H, 44. 770 Maggio 14. Ato del fu Giordano, abitante nel "vico Valeriano", promette al vescovo di Lucca Peredeo di risiedere nella casa che ebbe da lui "in loco Lusciano", dove già risiedeva Lucerulo fratello di Taniperto "actor" del vescovo, di lavorare e migliorare i terreni e di dare ogni anno a lui o al suo messo od "actor" quattro moggi di grano, sei decimate di vino, un maiale ed un animale maschio di un anno, di farvi l’angaria come i massari del luogo, nonché di condurre nel terzo anno gli animali di lui "usque in Ruselle".

«Consegnato il bestiame ai massari rosellani del vescovo Peredeo, Ato ritorna a Lusciano per ricominciare il proprio lavoro, i cui frutti dovrà ancora portare al locus Grossito quando saranno trascorsi tré anni. Un buon numero degli animali che ha allevato, particolarmente i maiala sono macellati e la loro carne salata - col sale tratto dalle acque del Lago Prile - per consentirne la conservazione ed il trasporto via mare a Lucca. Ma per i preziosi buoi il destino è certamente diverso: certamente non pochi vengono utilizzati per lavorare le terre dipendenti dalla chiesa di S.Giorgio, dal locus Grossito fino al mare, a Calliano alla foce dell'Ombrone; gli altri sono assegnati alle numerose corti maremmane del vescovato lucchese, per fornire la forza lavoro indispensabile a realizzare quel programma di bonifica e di messa a coltura di nuove terre, che ha nel vescovo Peredeo l'energico promotore» (G.PRISCO '95, p.115).

 

Relativamente ai dati archeologici così R.FARINELLI - R.FRANCOVICH '00, pp. 124-125: «Le recenti indagini archeologiche condotte nel centro storico di Grosseto stanno confermando l'ipotesi che questo sito fosse abitato già in età etrusca e romana, con fasi di occupazione che giungono con certezza alla fine del III secolo d.C.. Per quanto concerne il periodo di transizione tra il paesaggio antico e quello medievale il rinvenimento al centro dell'area cinta dalle mura rinascimentali di un orecchino aureo "a cestello" databile al VI secolo d.C., oggi conservato nel Museo Archeologico di Grosseto, costituisce un ritrovamento di notevole interesse ma di difficile interpretazione, in quanto effettuato al di fuori di ogni controllo archeologico. In ogni caso, in relazione alle fasi iniziali dell'insediamento alto-medievale, le indagini archeologiche compiute tra il 1978 e il 2000 apportano comunque dati di notevole rilievo. Il quadro più verosimile che se ne trae è caratterizzato da un esteso abitato di capanne a maglie larghe, che aveva sede su un terrazzo alluvionale sabbioso-ghiaioso, più elevato di 5-6 m rispetto alla pianura circostante. La topografia del sito era quella di un modesto dosso, circondato nella stagione piovosa da aree acquitrinose, che coprivano i terreni già occupati dall'insediamento di età romana, inondati dopo ripetute esondazioni del fiume Ombrone. Durante gli scavi condotti nell'area del cassero senese sono stati riconosciuti alcune tracce di frequentazione e i resti di un fossato, forse relativo a una cinta fortificata, riferibili ai secoli centrali del Medioevo, dati che concorrono a definire una articolazione dell'insediamento proto-urbano di Grosseto per nuclei distinti, distribuiti sulle modeste alture della zona. Le successive indagini di archeologia urbana hanno confermato tali conclu–sioni, consentendo di delineare meglio l'area di sviluppo dell'abitato in strutture deperibili pre-romaniche incentrato sull'area di Piazza della Palma, che risulta occupare un'ampia superficie di forma tendenzialmente ovale e si articola in almeno tre diverse fasi».

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