Navata maggiore  
 
Solo i semipilastri di controfacciata rimangono a ricordare i caratteri originari certamente gotici delle colonne - o forse dei pilastri compositi - che scandiscono le navate. I pilastri che oggi vediamo hanno alcuni capitelli di stucco ed altri in marmo, che furono eseguiti da Angelo Marucelli detto Canapino durante i restauri della cattedrale progettati dall'architetto Nuti nel 1859. I capitelli sostituiti certamente non erano quelli originari, poiché esclude fossero gotici la descrizione fattane dall'architetto Andreucci che, visitando il Duomo nel 1830, osservava come i massicci elementi di spartizione delle navate costituissero contraddizione stilistica rispetto alla grande altezza dell'edificio, propria delle chiese trecentesche. Il Marucelli, dunque, in ragione della volontà di restituire un aspetto gotico all'interno della cattedrale, operò forse sui pilastri costruiti a sostegno della copertura a volte, che venne a sostituire quella precedente che era a capriate, come testimonia il visitatore apostolico Bossi nel 1576. La voltatura fu realizzata a partire dal 1592 e completata nel 1662 dai maestri Francesco Gregulini e Francesco Cappucci. I pilastri ottocenteschi, tagliati a croce, in effetti hanno soltanto nelle esili costolature nelle intersezioni un qualche accenno ad innervazioni gotiche.
«L'intervento ottocentesco iniziato dal Nuti con un orientamento eclettico, assume col prosecutore Niccoli un più deciso carattere di ritorno al gotico, quale ce lo palesa la frase programmatica di un documento del 9 aprile 1862, che allude ad altri lavori di "... abbellimento ed ornato, quali si convengono ad una cattedrale e quali si richiedevano per questa di Grosseto onde porre l'architettura interna in armonia  con  quella  che adorna la fac-

ciata e le altre parti esterne della medesima...". Dovette essere questo il momento in cui si ideò l'ambigua coloritura delle fasce di scagliola apposte ai pilastri e agli archi che travisa notevolmente il carattere di questo interno ormai lontanissimo dalla configurazione trecentesca» (A.GARZELLI '67, pp.36-37). La cupola al centro del transetto in effetti è soltanto una volta più alta delle altre: essa occupa lo spazio di un padiglione sovrastante l'area presbiteriale, probabilmente realizzato dal Lari nei lavori eseguiti attorno al 1540, a cui la costruzione della voltatura ha conferito l'apparenza di cupola, sottolineata dalle quattro tele ad olio nei pennacchi eseguite dal Mattei in stile neoclassico durante i restauri in cattedrale del 1857. Ai piedi del primo pilastro è la bella acquasantiera voluta dall'operaio Girolamo Vantaggioli nel 1506.
 

La bella acquasantiera in marmo, oggi presso il primo pilastro della navata , era collocata, alla metà del secolo XVIII, ai piedi della terza colonna della navata destra, ovvero di fronte al portale della facciata meridionale, ove attualmente ve n'è un'altra. "L'acquasantiera di marmo situata in corrispondenza del primo pilastro a sinistra entrando, risulta essere un assemblaggio di elementi di epoche e mani diverse, come ha confermato anche il recente restauro eseguito dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Ritenuta in precedenza interamente eseguita nel 1506, secondo la data riportata dall'iscrizione al centro del nodo, è stata generalmente considerata dagli studiosi opera di un tardo seguace di Antonio Federighi. Le differenze di proporzione e di stile tra il fusto e la vasca sono evidenti. Il fusto decorato da putti reggistemma con gli scudi della città di Grosseto, dell'Opera e del donatore Gerolamo Vantaggioli, il nome del quale viene ricordato nell'iscrizione, si sviluppa come una grande anfora dal lungo collo ornato da putti a cavallo di delfini. I richiami all'arte del Federighi si notano soprattutto a riguardo del repertorio decorativo, ma i modi in cui sono eseguite le figure puerili, dai muscoli in evidenza quasi al limite della deformazione, derivano alla lontana da questo artista; appaiono mediati piuttosto da quelli che si riconoscono nei bassorilievi eseguiti dal Marrina per il prospetto della Libreria Piccolomini nel Duomo di Siena, facendo presumere che venisse eseguito nell'ambito della bottega di questo artista. I rilievi della vasca si ricollegano invece più direttamente alle opere di Antonio Federighi, in particolare alle due acquasantiere a fusto per il Duomo di Siena. Le testine alate, le ricche ghirlande carpofore, il fregio a delfini affrontati e soprattutto la soluzione originalissima di scolpire all'intemo un vero e proprio vivaio di animali acquatici, granchi, bisce e una grande varietà di pesci, non solo riprendono gli stessi temi figurativi di sapore prettamente archeologizzante delle due acquasantiere, ma appaiono eseguite con simile sensibilità nel trattamento della materia marmorea e nell'esecuzione dei singoli particolari. Sembra perciò ragionevole assegnare la vasca all'ambito di questo artista e proporre una data di esecuzione che oscilli intorno a quella proposta generalmente per le due acquasantiere senesi, tra il settimo e l'ottavo decennio del secolo" (F.FUMI CAMBI GODO '96, pp.52-53).

 

 

 

 

 

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