Dalla fotografia aerea, scattata in favorevolissime condizioni di luce, è possibile avere la visione della pianta dell'edificio i cui resti sono attribuibili alla mansio di Hasta.

Curte Astiano è toponimo che compare in una carta scritta nel 973, l’anno in cui inizia la documentazione archivistica che attesta con sicurezza l’esistenza di castelli in Maremma e nell’area amiatina. Si tratta della carta scritta in Caliano per Lamberto del fu marchese Ildebrando, che, per la ricchezza delle informazioni contenute sui castelli di proprietà della famiglia degli Aldobrandeschi e per il significato politico implicito alla sua redazione, è fondamentale per lo studio della topografia storica maremmana. Nella vendita dei propri beni (ben quarantaquattro proprietà, in sette comitati) al prete Ropprando, del monastero di S.Salvatore al Monte Amiata, nell’area dell’odierno territorio comunale di Grosseto Lamberto cede «prima curte Astiano, secunda Caliano cum castello et ecclesia seu turre ibidem consistente super ripa fluviis Umbrone, tertjia corte Grosito cum castro
et eclesia ibidem consistente». Nell'elenco la quarta corte ceduta al prete amiatino è «Canpangnatico cum suo castello», e dunque in esso la curte Astiano e quelle di Caliano, Grosito e Canpangnatico con i loro castelli, sono beni citati assieme, e separatamente dagli altri al pari indicati appartenere al territorio rosellano (le corti di Alma, Buriano e Scarlino). Ciò, verosimilmente, è dovuto al fatto che sono tutti situati sul corso dell'Ombrone, cosa che non è per gli altri, vale a dire che quei beni vengono ricordati automaticamente come costituenti un gruppo, in riferimento alla strategia di penetrazione verso l'interno, lungo il corso del fiume, della quale costituiscono strumento d'attuazione, piuttosto che essere raggruppati con gli altri beni rosellani perchè appartenenti allo stesso comitato, secondo il criterio generale adottato dall'estensore del documento.  «Recenti
lavori agricoli sotto il poggio dell' Alberese hanno messo in luce (distruggendolo) un complesso a pianta rettangolare con muri in opus caementicium e latericium al cui interno è possibile rilevare un ambiente per la conservazione delle derrate ed un piccolo edificio termale. L'intera struttura può essere identificata con la mansio di Hasta. Ci sembra evidente l'associazione del sito di Hasta con la curtis Astiano localizzata in questa zona (CDA, 203, a.a. 973. Identificazione suggerita anche in PRISCO 1989, p.131, e 1994, p.287 con dovizia di documentazione). Fra i materiali, marmi policromi, ingenti quantità di frammenti fittili (dolia, ceramica comune e fine, anfore, tubature) e lacerti di mosaici. Vi sono attestazioni documentarie della presenza di una sorgente d'acqua, elemento indispensabile nella strategia di impianto di una mansio. La presenza di sigillata italica, vernice nera e sigillata afri-

I resti dell'edificio romano rinvenuti presso il poggetto del Palazzo dell'Alberese sono situati ad 8 miglia da Telamone, cioè esattamente alla distanza indicata dalla Tabula Peutingeriana fra l'antico porto e la mansio di Hasta.

cana D suggerisce una datazione fra Il a.C. e V d.C. Cfr. per dettagli CITTER 1989, PRISCO 1989» (C.CITTER '95, p.133). Sembra dunque ragionevole ipotizzare quantomeno che al territorio dell'altomedievale curte Astiano appartenga il sito in cui nella Tabula Peutingeriana è registrata la localizzazione della mansio o statio Hastiana, posta sul una via consolare romana. Dall'attuale stazione ferroviaria di Alberese la via portava, dunque, al luogo in cui era la mansio o statio Hastiana, e da essa una variante della più antica via Aurelia, forse il tracciato qui ipotizzabile (cfr.G.PRISCO '89; di diverso avviso C.CITTER '95) per la più recente Aemilia Scauri, giungeva alla Volta dei Marmi, ovvero al Ponte del Diavolo e a Calliano. Da questo quadro appare evidente l'importanza del possesso della curte Astiano per una famiglia come quella aldobrandesca che realizza il radicamento del proprio potere signorile in Maremma appunto a partire dal controllo della viabilità, degli approdi marittimi e delle risorse economiche del territorio circostante il tratto finale del fiume Ombrone. Probabilmente a raccogliere l'eredità dell'antico punto di sosta sulla via consolare sorge nell'XI secolo l'abbazia di S. Maria Alborensis, alla quale il sito della mansio, forse lo stesso del dominico della curtis altomedievale aldobrandesca era collegato da una strada, nota come via della Regina, i resti del cui basolato sono anche presso la torre delI'Uccellina.