La tenuta dei Lorena
 

Stemma in bronzo di casa Lorena, all'ingresso degli uffici dell'Azienda Agricola Regionale di Alberese a Spergolaia

Le ragioni per cui il 15 maggio del 1839 (Archivio di Stato di Firenze. Asburgo Lorena, Fasc. "Acquisto dallo stato") il granduca di Toscana Leopoldo II di Lorena acquista la tenuta dell'Alberese sono espresse chiaramente da lui stesso: «onde promuovere e conseguire il miglioramento della provincia nei rapporti agrari», introducendola «nel circolo della proprietà e industria privata». Ed in effetti «l'Alberese rappresentò il banco di prova delle capacità imprenditoriali lorenesi ed in particolare di Ferdinando IV. La "filosofia" amministrativa di quest'ultimo si compendiava in poche parole: "realizzare un'economia coraggiosa che rendesse possibili maggiori profitti con minori spese e maggiore produzione con minori capitali". Lo scopo della proprietà fu di trasformare l'Alberese in occasione di consistenti investimenti fondiari capaci di elargire in breve tempo considerevoli profitti» (D.BARSANTI '83, p.50). La terra acquistata ha un'estensione di 5.295 ettari, cui se ne aggiungono nel 1853 i 1.300 delle tenute di Giuncola e Banditella, ed i 64 di Serrata Michela nel 1855, per l'acquisto dai grossetani Giuseppe Giuggioli e fratelli Stefanopoli. Quanto sia decisa la volontà dei Lorena per perseguire l'obiettivo che si sono proposti acquistando l'Alberese lo attesta il continuo incremento delle aree coltivate, che nel 1904 consente all'azienda di disporre di seminativi pari al 32 % dell'intera superficie della tenuta, a fronte del 16 % del 1839. Questo, naturalmente, poiché le terre coltivabili della tenuta si trovano in bassure soggette alle inondazioni dell'Ombrone e degli altri corsi d'acqua che dalle colline circostanti sfociavano nel piano dell'Alberese, è possibile solo grazie alla tenacia con cui la proprietà si impegna nella costosa bonifica, nonostante i numerosi tentativi falliti. Dopo il fallimento dei tentativi operati per anni, e secondo vari progetti, per  l'opera che Leopoldo II  ritiene essenziale per la redditività della tenuta,  ovvero la

bonifica integrale del padule dell'Alberese, infatti, quando la famiglia ormai da anni non regna più in Toscana, Ferdinando IV opera la sua bonifica privata. Fra il 1892 ed il 1897, in completo disaccordo con il Genio Civile di Grosseto, realizza una rete di fossi essiccatori che raccolgono le acque dei vari paduli immettendole in un Fosso Scaricante Principale diretto all'Ombrone. «Lo scolo delle acque avvenne rapidamente e il terreno vergine così recuperato, cosparso di calce viva, fu arato profondamente con macchine  a vapore appositamente  acquistate e seminato a grano (circa 300  ettari).  Fu una vera e propria colossale sfida

Giovanni Giuggioli, amministratore dei beni privati del granduca in Maremma, e Pietro Municchi, Soprintendente alle Regie Possessini, coadiuvati dal perito Giuseppe Ferri, curarono l'inventario e le stime dei beni facenti parte della vasta proprietà acquistata da Leopoldo II (Archivio di Stato di Firenze. Asburgo Lorena 91, 1839 Maggio 23). Oltre all'edificio della fattoria, con la sua cappella a disposizione di tutti gli abitanti di Alberese, cui è presso un piccolo cimitero, nell'inventario sono un'osteria posta dietro il poggetto della fattoria, la casetta del burraio poco distante dall'osteria, i fienili della fattoria - ovvero la "Fienilessa" -, un piccolo mulino fuori uso sul fosso della Carpina, i magazzini del grano sul poggio che da questi prende il nome, il casamento della Vacchereccia, abitazione del "capoccia de' bestiai" con vicino un capannone ed una baracca per cani, una fornace sotto la Vacchereccia, due fontanili murati - uno presso l'orto della fattoria, l'altro a Spergolaia -, la pubblica fonte al di là dell'osteria. È inventariata anche una cava di marmo bianco sulla strada regia, ovvero quella da cui nel 1834 (Archivio di Stato di Firenze. Appendice Segreteria di Gabinetto n.156, "Maremma", allegati nov. dic. 1834, n.29, copia) sono estratti i marmi occorrenti al restauro della facciata della cattedrale di Grosseto. «Dal 1840 al 1870 furono ampliati e ristruttura­ti tutti i fabbricati esistenti (a partire dalla Casa d'Agenzia, cui si aggiunsero i torrini laterali, l'ala di levante e l'adiacente casa canonica, il frantoio ricostruito nel 1844, ecc.). Tra i nuovi stabili aggiunti, ricordiamo la Stalla Grande per le mucche alla Fienilessa, il Capannone per le macchine trebbiatrici alla Spergolaia, la Fabbrica per i pastori alla Banditella, un nuovo edificio ai Magazzini per l'allevamento del baco da seta, ecc.. Negli anni 70 si costruirono ex novo la Casetta della Barca (per l'addetto al traghetto sull'Ombrone, privo di ponti fino al primo dopo­guerra) e soprattutto i Capannoni per i bovi e i vitelli (rispettivamente 112 e 300 posti) alla Fienilessa, il nuovo Magazzino per le macchine sempre alla Fienilessa, e la Casa con Magazzino, stalle, piano caricatore delle merci, ecc., edificata alla nuova Stazione dell'Alberese nel 1881 per "esitare" per ferrovia i prodotti dell'azienda e ricevere le materie prime (concimi, macchine, ecc.). Successivamente, si costruì il fabbricato affittato al governo per ospitare la Caserma dei R.Carabinieri nel 1891 (non a caso, in un periodo in cui cominciano a manifestarsi i primi scioperi presso gli avventizi, tradizionalmente assai turbolenti...); nel 1901 il nuovo Frantoio sul poggio dei Magazzini e due Capannoni alla Spergolaia, in sostituzione di quelli distrutti da un incendio. A partire dal 1902 (introduzione della mezzadria), si dovettero naturalmente costruire in gran fretta numerose case coloniche (qualcuna, in verità ricavata dai vecchi stabili, come per i Magazzini, la Stazione, Fornace e Vacchereccia), con il corredo di pozzi, fontanili e le relative pompe a vento fornite dalla ditta grossetana Vivarelli. Contemporaneamente. si dilatò la viabilità interna, per collegare i corpi poderali al centro aziendale» (L.ROMBAI '81, pp.92-93).

lanciata dal mancato sovrano toscano al governo italiano, che richiese la spesa globale di un milione di lire. Al di là dei toni trionfalistici dell'amministrazione lorenese («laddove vegetava in grandissima copia la canna palustre verdeggia oggi il grano», commentava il Direttore N.Mariotti nel 1897) e dei resoconti entusiastici dei principali giornali italiani, in realtà la bonifica dette risultati solo temporanei e, in definitiva, risultò un'impresa fallimentare. Le piene d'Ombrone (per l'assenza di un vero argine di protezione) tornarono rapidamente, già nel 1900, ad invadere le più basse terre dell'Alberese, prosciugate con tanta fatica, cosicché all'inizio del secolo gli acquitrini si estendevano ancora per circa 400 ettari. Neppure la realizzazione dell'argine di sinistra (dal 1901 al 1910) apportò i miglioramenti sperati, perché rimasero irrisolti, fino alla definitiva bonifica meccanica (effettuata negli anni 30 con idrovore), i problemi derivanti dalle difficili condizioni di scolo naturale delle acque» (L.ROMBAI '81, pp.95-96). Oltre che alla soluzione dei problemi relativi all'indispensabile bonifica idraulica, Ferdinando IV si adopera anche per l'adozione nella tenuta di sistemi moderni di gestione capitalistica e delle più aggiornate tecniche agrarie, e dunque intraprende un'imponente utilizzazione delle migliori macchine agricole esistenti sul mercato. Attentissimo ai risultati economici, nonostante sia stato da sempre contrario alla mezzadria, a fronte di risultati produttivi insoddisfacenti rispetto alle spese di gestione, sulle quali grava pesantemente il costo della manodopera avventizia, nel 1902 decide la sperimentazione della colonia parziaria nel podere Banditella. «I risultati produttivi in pochi anni registrarono un costante e marcato aumento, le rese unitarie dei cereali fecero un notevole balzo in avanti, che permise di mantenere inalterati i forti legami col mercato. Per questo la mezzadria si affermò rapidamente (nel 1914 ben 18 erano i poderi, estesi in media 30 ettari ciascuno ed in mano a famiglie quasi tutte provenienti dalla Val di Chiana), anzi permise di mettere a frutto le nuove esperienze della meccanizzazione con una forma di gestione assai più economica » (D.BARSANTI '83, pp.51-52). L'introduzione della mezzadria modifica fortemente anche la situazione demografica di Alberese: nel 1910 la popolazione residente nella tenuta è salita a 220 persone, provenienti soprattutto dalla Valdichiana umbra, aretina e senese, dalle 26 del 1841. In tenuta, ad ottobre, per tutto il secolo XIX giungono dall'Appennino Tosco-Emi-
liano, i pastori ed i lavoratori impiegati nelle semine e nella raccolta delle olive; dai primi di novembre è la volta del gran numero degli stagionali per i lavori invernali, particolarmente quelli boschivi e di bonifica, sotto la direzione del "ministro". I mesi nei quali è difficile trovare manodopera giornaliera sono proprio quelli più importanti per la tenuta: in luglio ed agosto la minaccia mortale della malaria fa sì che sia difficile ingaggiare lavoratori. Il fenomeno delle "febbri miasmatiche" ad Alberese, al pari di tutto il gros-
setano, è assolutamente drammatico, e tale continua ad essere fin oltre la prima guerra mondiale. Già nel 1841 Leopoldo II introduce nella tenuta il servizio medico e farmaceutico gratuito, e particolare attenzione al problema continua ad avere anche Ferdinando IV. Severo controllore di ogni attività svolta in tenuta dal 1874, il Lorena è infatti attento anche ai problemi di politica sociale, assicurando ai lavoratori, oltre all'assistenza medica, anche un periodo di ferie, l'assicurazione sugli infortuni sul lavoro, la buonuscita al termine del lavoro per motivi di salute o per limiti di età, o una pensione a vita trasmissibile alla vedova non rimaritata ed agli orfani minorenni. La famiglia rimane proprietaria di Alberese fino al 1914: alla

«La mietitura all'Alberese in una cartolina edizione Cesare Bossi nel 1900 ca. Le macchine impiegate erano mietilegatrici Mc Cormick (Collezione Gianfranco Amante).

vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia contro l'Austria e la Germania la tenuta è venduta al duca Pietro Lante della Rovere dagli eredi di Ferdinando IV (morto nel 1908).

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