Il secolo XVI
 
Per tutto il secolo XVI il territorio dell'Alberese subì le conseguenze dei criteri di gestione adottati dagli inizi del Trecento dall'Ordine dei cavalieri gerosolimitani, e poi di Malta. Ovvero il territorio per tre secoli, salvo la parentesi di fine secolo XV sotto l'amministrazione di Beuccio Capacci, non è oggetto di alcuna colonizzazione agricola da parte dell'Ordine, che per esso ha un interesse limitato al valore strategico, né di alcun intervento di sistemazione idrogeologica dei terreni: l'unica opera realizzata è la costruzione della chiesa di S.Giovanni Battista.

Alla metà del secolo, sotto l'incalzare delle scorrerie barbaresche, viene abbandonata l'abbazia di Santa Maria dell'Alberese, e degli edifici del complesso abbaziale soltanto la torre all'angolo sud delle mura perimetrali, la Torre dell'Uccellina, è mantenuta in efficienza. Anzi è restaurata e rialzata nel quadro della realizzazione, voluta dal governo granducale mediceo, della catena di

avvistamenti lungo la costa, cui - nel territorio di Alberese- appartengono anche le torri di Castel Marino e di Collelungo, fortilizi realizzati nel XIII secolo, e che fra il 1576 ed il 1578 sono riattati su progetto di Marino Lanci. Ma a parte questo interesse granducale per le sue torri, la valorizzazione delle potenzialità produttive della tenuta continua ad essere del tutto estranea agli interessi dei suoi proprietari. Inevitabilmente, dunque, quando alla morte di Fabrizio del Carretto, Priore dei Cavalieri di Malta del

Archivio di Stato di Firenze.Piante Possessioni, Scaff.B, Palch.7, n.335 Pianta dell'Alberese" . Datazione: seconda metà del sec. XVI. «Questa pianta, manoscritta ed acquarellata, rappresenta la zona compresa tra l'Ombrone, il tratto costiero sino a sud di Cala di Forno e i "Confini di Collecchio". Numerosi gli insediamenti riportati: Torre delle Saline, Torre della Trappola, Palazzo dell'Alberese, Cala di Forno, Cala francese, Colle lungo (questi ultimi due solo toponimi) e Castello marino. In essa compare una vasta fascia alberata a sud, poche "terre lavorative" nel piano dell'Alberese, due paduli, di cui uno in comunicazione con la foce dell'Ombrone per mezzo del fosso Pedagno e l'altro più interno ed esteso tra la strada di Grosseto e l'Alberese. Ricca risulta la toponomastica (Tombolo, Volta de li Alberoni, Volta della Corsica, Giuncola sulla sinistra dell'Ombrone; Argine dei Grossetani a destra del fiume ; Pedagno, Piano delle Cavalle, Valle de Loreto, Poggio alto, Valle dell'Ucellino lungo il tratto collinare deII'Uccellina, ecc.). Due sole le strade tracciate: quella che dall'Alberese va a Grosseto e l'altra che attraversa l'Ombrone alla Trappola» (D.BARSANTI '80, p.278).

gran priorato di Pisa e commendatario di Alberese, nel 1597 fu nominato suo successore Antonio Medici, come attesta il "Cabreo" redatto proprio in quell'anno, la tenuta continuava «ad apparire del tutto incolta, macchiosa e acquitrinosa. In effetti, l'azienda era interamente destinata al pascolo degli animali (sia di proprietà granducale che di forestieri, soprattutto transumanti dalla montagna appenninica, i quali erano ivi accolti dietro pagamento della "fida")...Lo Scrittoio delle possessioni granducali decise infine di mettere a coltivazione i terreni più fertili, ma questo processo incontrò molte difficoltà per l'uso di tecniche e pratiche arretrate proprie di una regione, come la Maremma, semispopolata, malarica e incardinata sul regime latifondistico: vale a dire sulla cerealicoltura estensiva, alternata a lunghi periodi di riposo (durante i quali gli incolti venivano sfruttati come pasture), praticata nelle "lavorerie" o quartieri di rotazione della pianura» (L.ROMBAI, Le trasformazioni del paesaggio in età moderna e contemporanea, in AA.VV., Il parco... '89, p.63). A fronte di queste grandi difficoltà è, pertanto, che verranno affrontati i dissodamenti fin dai primi anni del secolo XVII.